Bergson

Henri Bergson, filosofo francese, nacque a Parigi il 18 ottobre 1859 e lì morì il 4 gennaio 1941. Nel 1927 fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura sia «per le sue ricche e feconde idee» sia «per la brillante abilità con cui ha saputo presentarle».

La posizione di Bergson si colloca all’interno di un movimento di reazione al positivismo che attraversa la filosofia francese della fine dell’ottocento e che può essere considerata uno spiritualismo
I suoi presupposti sono:

1. La filosofia non può essere assorbita dalla scienza.

2. L’uomo ha in quanto spirito una specificità nei confronti della natura, è interiorità e libertà, coscienza e riflessione.

3. E’ necessario indagare i limiti e la struttura della scienza.

4. Anche l’idealismo, che identifica coscienza e assoluto, è da rifiutare.

IL TEMPO COME DURATA

Bergson studiando i concetti della meccanica si accorge che ad essa sfugge il tempo dell’esperienza concreta. Il tempo che entra nelle formule della fisica è una pura relazione matematica, che non implica una vera durata. 

Il tempo della meccanica è un tempo spazializzato, come il tempo dell’orologio, che è un insieme di “posizioni” delle lancette sul quadrante, in cui ogni istante è uguale all’altro ed esterno ad esso

Il tempo dell’esperienza concreta è invece il tempo come durata vissuta, nuova ad ogni istante, in cui ogni momento si lega ad un altro. Tale durata non si trova esternamente a noi ma nella coscienza. La coscienza coglie il tempo come durata: l’io vive il presente con la memoria del passato e l’anticipazione del futuro.

Nel tempo della meccanica gli istanti sono tutti uguali, in quello della coscienza non c’è un istante uguale all’altro, un istante può valere un’eternità, può essere decisivo per la vita, ci sono momenti che non passano mai e altri che volano via. 

Il tempo spazializzato, così come la scienza, risponde certo a finalità pratiche ma non coglie la vera, sostanziale realtà, che richiede un metodo di approccio diverso. Qui il positivismo fallisce

“Nella coscienza troviamo degli stati che si succedono senza distinguersi, nello spazio delle simultaneità che si distinguono senza succedersi, nel senso che l’una non esiste più quando l’altra appare. Fuori di noi esteriorità reciproca senza successione, dentro, successione senza esteriorità reciproca”.

MATERIA E MEMORIA


Bergson vuole studiare la relazione fra coscienza e mondo fisico, fra spirito e corpo.

Corpo e cervello sono realtà infinitamente più povere della coscienza, rivolte all’azione nelle circostanze presenti. 
Nel cervello passa solo una parte di ciò che è presente nella coscienza, solo ciò che serve all’azione. La vita ci impone, infatti, di porre attenzione al presente e ripesca dal passato unicamente quanto serve a inserire il nostro organismo nella situazione presente. Ma l’esperienza cosciente, la memoria, è molto di più. 


“Chi potesse guardare all’interno di un cervello in piena attività saprebbe di certo qualcosa di quel che avviene nella coscienza, ma ne conoscerebbe ben poco; di essa conoscerebbe solo quello che è esprimibile in gesti, atteggiamenti, movimenti del corpo, il resto gli sfuggirebbe; egli sarebbe, rispetto ai pensieri e ai sentimenti che si svolgono nell’intimo della coscienza, nella situazione di uno spettatore il quale vedesse distintamente tutto ciò che gli altri fanno sulla scena ma che non capisce una parola di quello che dicono.”


L'EVOLZIONE CREATRICE

Bergson intende darci una visione globale della realtà, presentandoci un evoluzionismo agli antipodi con quello deterministico e meccanicistico di Darwin. 

La vita è novità, imprevedibilità, creatività, slancio vitale che tende alla creazione di nuove e sempre più numerose forme di vita
Spirito e materia non sono due realtà, ma due poli della medesima realtà

Al pari della vita della coscienza, la vita biologica non è una macchina che si ripete sempre identica a se stessa, ma è continua e incessante novità, è creazione, imprevedibilità, vita sempre nuova che inglobando e conservando l’intero passato cresce su se stessa. E la materia non è altro che il momento dell’arresto di questo slancio vitale, è data dal riflusso dello slancio vitale che disperde la propria unità e ricade come molteplicità di elementi. 

La materia è “azione che si dissolve e di logora, si depotenzia”. La materia è slancio che ha perduto la propria creatività e diventa un ostacolo per lo slancio successivo
Lo slancio unitario ricade allora in una molteplicità di elementi. 

Bergson vede dunque la formazione di fondamentali funzioni:

1. Istinto = facoltà di utilizzare strumenti organici, caratterizzato dall’essere ripetitivo, rigido e inconsapevole, capace di cogliere le cose stesse dall’interno

2. Intelligenza = facoltà di fabbricare e utilizzare strumenti inorganici, caratterizzata dall’essere creativa, capace di variare, consapevole: coglie le cose esteriormente, nello spazio.

Istinto e intelligenza sono due risposte allo stesso problema, quello di rispondere al mondo circostante e di permettere la sopravvivenza, ma non ci danno la vera realtà, per la quale occorre: intuizione, è la capacità di cogliere il cuore della realtà, è un “istinto divenuto disinteressato, cosciente di sé, capace di riflettere sul proprio oggetto”. 
L’intuizione ci conduce proprio dentro la vita, è immediata come l’istinto e consapevole come l’intelligenza

L’intelligenza produce analisi e spezza il divenire: l’intuizione procede attraverso la simpatia e ci porta direttamente dentro la realtà. E’ la “visione dello spirito da parte dello spirito”. 

Legata all’intelletto è la scienza, legata all’intuizione è la metafisica, che ci fa entrare in rapporto con la durata. Lo slancio vitale di esprime come umana attività creatrice, generando arte, filosofia, morale e religione.

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Kierkegaard

Schopenhauer

Friederich Schelling