Schopenhauer

Arthur Schopenhauernasce a Danzica il 22 febbraio del 1788. Quando, cinque anni dopo, la città viene inglobata nel regno di Prussia, la famiglia si trasferisce ad Amburgo.

La giovinezza di Schopenhauer è segnata da numerosi viaggi in giro per l'Europa. il padre, commerciante, li vede come un valido strumento di preparazione alla stessa professione. Ma in seguito alla morte del genitore, Arthur si allontana dall'ambiente mercantile per dedicarsi agli studi umanistici.
Sua madre, scrittrice, si trasferisce a Weimar, dove dà vita a un salotto letterario frequentati anche da Goethe.  Il giovane Schopenhauer conosce così il padre della letteratura tedesca.

Studia filosofia prima a Gottinga, sotto la guida di Schulze, poi a Berlino, dove segue le lezioni di Fichte e di Schleiermacher.

Nel 1813 consegue la laurea a Jena e sei anni più tardi  vede la luce la sua opera principale, IL MONDO COME RAPPRESENTAZIONE, che al principio non ottiene alcun successo a causa del suo carattere pessimistico e anti-idealistico. Schopenhauer inizia a insegnare all'Università di Berlino ma non riesce a competere con la fama di Hegel, che tiene le sue lezioni negli stessi anni.

La notorietà arriva alla metà del secolo, con la pubblicazione della raccolta di saggi Parerga e paralipomena del 1851, in concomitanza col diffondersi di un generale clima de pessimismo dovuto ai fallimenti dei moti del '48. Il suo pensiero comincia allora la sua circolazione per l'Europa.

il filosofo muore a Francoforte il 21 settembre del 1860.

LE RADICI CULTURALI DELLA SUA FILOSOFIA

Le radici culturali del suo sistema filosofico vanno cercate:

nella teoria platonica delle idee, intese come entità separate dall'esistenza umana, che è copia sbiadita di quelle;
nel criticismo kantiano, di cui accetta tre categorie a priori (spazio, tempo e causalità), nonché l'impianto agnostico della prima Critica in direzione di un ateismo esplicito;
nel materialismo meccanicistico dell'illuminismo, là dove la vita psichica sensoriale è ridotta alla fisiologia del sistema nervoso e là dove si tende a demistificare le tradizioni cristiane (Voltaire);
in alcuni temi romantici: l'infinito, il dolore, l'irrazionalismo, il genio artistico, il valore della musica…;
nelle filosofie orientali, grazie alla mediazione dell'orientalista F. Majer. Schopenhauer è considerato il primo filosofo occidentale a tentare un recupero di alcuni temi del pensiero indo-buddista.
Tutte queste influenze sono state usate in funzione anti-hegeliana o, più in generale, anti-idealistica. Schopenhauer è considerato anche il fondatore della moderna filosofia pessimistica. Non dimentichiamo ch'egli conosceva anche la poetica leopardiana.

IL CORPO UMANO E LA VOLONTà

Il noumeno o cosa in sé Schopenhauer lo definisce col termine di "volontà di vivere", un impulso irresistibile che spinge gli esseri umani ad esistere e ad agire, cercando di soddisfare i loro desideri.

Nella seconda parte del Mondo, per far capire il senso di questa volontà, Schopenhauer parte dal corpo umano. E' infatti attraverso il corpo che ci rapportiamo al mondo. E nel corpo non c'è distinzione tra essere e dover essere: volere e azione coincidono, non sono in relazione causale. Il corpo è espressione di un volere che lo precede e che lo costringe a relazionarsi con il mondo secondo parametri che sfuggono all'uso della ragione. Il corpo non può non volere, poiché questa è la sua caratteristica istintiva, primordiale: l'unico modo per impedirglielo è quello di costringerlo con la ragione a non-volere.
Il corpo è fatto di bisogni e desideri che chiedono continuamente d'essere soddisfatti. Questa caratteristica non appartiene solo all'essere umano e animale, ma a tutta la materia, anche a quella inorganica e vegetale. Esiste una volontà eterna e indistruttibile che costringe tutto l'universo a desiderare sempre qualcosa e nessuno è in grado di spiegarsene il motivo.

La volontà si organizza in un sistema di forme immutabili (chiamate platonicamente da Schopenhauer "idee"), che vanno dal grado più basso (per es. gravità e magnetismo) al grado più alto, quello umano. Tutto è sottoposto ad attrazione e repulsione, cioè a una lotta incessante che contrappone tra loro gli esseri naturali, di cui quelli più forti vogliono dominare i più deboli.

E' come se la volontà universale si autolacerasse in una molteplicità conflittuale di elementi reciprocamente ostili che si contendono lo spazio e il tempo. Il caso-limite è quello della formica gigante d'Australia, che se viene divisa in due, la testa cercherà di afferrare l'addome per sopravvivere, ma questo si difenderà col suo pungiglione, finché entrambe le parti moriranno.

DESIDERIO, DOLORE, PIACERE E NOIA

Questa caratteristica della vita universale viene interpretata da Schopenhauer in chiave non solo filosofica, ma anche psicologica ed esistenziale, usando categorie come desiderio, dolore, piacere e noia.

Vivere (o volere) significa desiderare qualcosa che non si ha. Nell'uomo questa cosa istintiva viene percepita secondo coscienza, per cui se il desiderio non viene appagato, la sofferenza è maggiore. Quando si desidera si soffre, perché si è in tensione; e quando si raggiunge lo scopo, si è soddisfatti, ma solo temporaneamente, poiché ben presto emergono nuovi bisogni o desideri e il ciclo si ripete.

Se non vi sono nuovi desideri, subentra la noia. Quindi la vita non è che un pendolo che oscilla tra il dolore di non avere qualcosa e la noia di possederlo, passando attraverso il breve intervallo del piacere (che è quindi illusorio), sicché il male non sta solo nel mondo, ma anche nel principio che l'ha creato.




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