Kierkegaard

Il pensiero di Søren Kierkegaard appare, ancora oggi, come una filosofia eccentrica e, per certi versi, rivoluzionaria, che, nel corso del Novecento, ha contribuito in modo decisivo all’affermazione di correnti come l’Esistenzialismo e il Personalismo. 


VITA 

Søren Kierkegaard (1813-1855), nato a Copenaghen, in una famiglia numerosa mostrò fin dall’adolescenza, segnata dalla sofferenza, un carattere riflessivo, introverso e malinconico. Altro elemento indispensabile per comprendere il pensiero di Kierkegaard è la sua elevata religiosità, contrassegnata soprattutto dal dramma della crocifissione e dalla frequentazione di concetti come quelli di dolore e di peccato

Nel 1841 a Berlino seguì alcune lezioni di Schelling da cui fu dapprima colpito positivamente, per poi restarne deluso. 

IL SUO PENSIERO

Oltre alla già richiamata polemica contro la chiesa luterana, colpevole di aver trascurato il messaggio rivoluzionario del Vangelo e di aver trasformato la religione in una serie di massime razionalmente condivisibili e, quindi, in una sorta di buon senso comune, l’altro fronte su cui si esercita la polemica di Kierkegaard è Hegel

Riconosciuto, insieme a Schopenhauer e a Nietzsche, come uno dei grandi contestatori del pensiero sistematico tematizzato dal filosofo di Stoccarda, Kierkegaard afferma la soggettività della verità (una valenza esistenziale del vero): mentre la riflessione oggettiva di Hegel rende il soggetto un che di accidentale, facendolo quasi sparire in favore del pensiero astratto, la vera filosofia deve avere la capacità di illuminare l’esistenza.

La verità, in altri termini è quella che dona all’uomo la consapevolezza della propria condizione esistenziale.

Il pensiero soggettivo di Kierkegaard è il pensiero del concreto esistente, che nulla ha a che vedere con la ragione trascendentale kantiana o con la ragione astratta hegeliana; un pensiero che è infinitamente più interessato all’esistenza stessa, con i suoi fatti concreti e la sua drammaticità che neanche la Cristianità stabilita è in grado di cogliere.

AUT AUT e GLI STADI DELL'ESISTENZA

Contro la dialettica hegeliana che è sintesi degli opposti e che impone all’esistenza universale e collettiva una cammino necessario e, quindi, privo di responsabilità e di libertà personale, Kierkegaard, muovendo da una prospettiva del tutto incentrata sulla persona, difende la possibilità di scelte libere tra alternative inconciliabili. 

È questo, in sintesi, il significato dell’espressione aut-aut, la scelta che, nella sua drammaticità, deve essere continuamente affrontata da ogni individuo che, a fronte della sua libertà personale, non può delegarla o demandarla ad altri. 
Questa scelta personale diviene necessaria per affrontare gli stadi dell’esistenza e per passare, in modo libero e volontario, da uno all’altro di essi.

Kierkegaard distingue tre stadi dell'esistenza:

  1. lo stadio estetico dove l’uomo vive sempre e solo nel momento, nella pura particolarità: è lo stadio della sensibilità e del rifiuto di tutto ciò che è impegnativo, ripetitivo, serio.  La vita dell’esteta è contrassegnata dalla ricerca di sensazioni sempre nuove, dall’idolatria dell’instante e dal rifiuto di ogni legame stabile, sia affettivo che sociale. (Don Giovanni)
  2. lo stadio etico è connotato da stabilità e ripetitività, come ben dimostra la figura simbolo del matrimonio: qui l’uomo si sottopone a una regola e a un impegno costante nel tempo, scegliendo l’universale.
  3. lo stadio religioso trova la propria rappresentazione più pregnante nella figura di Abramo, disposto a sacrificare il figlio Isacco. In questo stadio l’uomo affronta il proprio io e gli aspetti di esso – l’angoscia e la disperazione – che finora non era stato in grado di capire e risolvere. 
In “Aut-aut” Kierkegaard considera l’angoscia come un sentimento strutturale in ogni essere umano dal momento che il suo modo di conoscere è essenzialmente sospeso nei confronti del futuro: mentre Dio del futuro sa tutto e gli animali nulla, l’uomo vive l’indeterminatezza del futuro, guarda al futuro in quanto indeterminato ed è qui che sorge l’angoscia, un sentimento che ha sempre un oggetto indeterminato, a differenza della paura. 
All’angoscia sono strettamente collegate le dimensioni della possibilità e del peccato, dal momento che l’angoscia si riferisce sia a ciò che potrebbe accadere in futuro fuori di noi, sia a ciò che noi stessi potremmo fare in futuro

Solo attraverso il Cristianesimo l’uomo riesce a guardare alla verità di sé stesso in tutta la sua complessità. Abbracciando il Cristianesimo l’uomo riesce a superare l’angoscia, dal momento che nessun evento contingente futuro, per quanto negativo, riuscirà a sottrarre all’uomo un bene eterno al quale è possibile accedere solo attraverso un atto di libera scelta, attraverso l’accettazione della libertà umana che nessun evento contingente futuro può mettere in discussione.

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